Simboli elevaz. IV grado
La transizione al grado di Maestro Segreto è una delle più complesse di tutto il percorso scozzese dove la capacità critica di coloro che la percorrono viene seriamente messa alla prova. Per coloro che accedono al quarto grado diamo per scontato che abbiano una esperienza già consolidata, che conoscano l’esoterismo massonico. Ma a questi fratelli viene detto che il grado di Maestro Segreto è un “Grado Ebraico”, che non si parla più ne di Alchimia, ne di Cabala. Eppure se ci guardiamo intorno, se osserviamo la simbologia che ci circonda con un’altra chiave di lettura, vedremo che le gocce argentate sui teli esposti a lutto sembrano le gocce del Mercurio alchemico, l’emblema della germinazione del mondo. Inoltre ci suggeriscono che anche nella “Nigredo alchemica”, dove siamo immersi nel nero più nero, il germe del bianco attende di essere risvegliato. La pioggia argentea ci avverte che lo spirito si sta condensando e cade come pioggia recando sollievo alla materia riarsa e, come dice Ermete Trismegisto, rendono evidente ciò che era nascosto.
Questo apparente contrasto può gettarci nella costernazione, questo perché il quarto è un grado con un doppio aspetto, una doppia valenza, e questo può essere riassunto con il concetto: noi sappiamo già, abbiamo delle conoscenze ma le dobbiamo accantonare per far posto ad altri ulteriori insegnamenti.
La transizione ad un livello superiore è evidente per i vari simboli che incontriamo, ad esempio vediamo entrare il candidato con la benda sugli occhi ma su questa è collocata una piccola squadra d’argento, la sua posizione ci suggerisce due importanti similitudini. La prima ci ricorda il geroglifico e la corrispondente parola egizia “UP” che significa <<aprire>>, o <<iniziare>>, usata nei riti egizi di resurrezione, ed associata all’acquisizione della capacità di discernere e di comprendere ciò che è ultraterreno. Questo simbolo in Egitto era portato dagli iniziati
La seconda similitudine la troviamo nel libro dell’Esodo (Es.34,29) dove leggiamo che quando Mosé scese dal Monte Sinai, con le tavole della legge dopo aver conversato con il Signore, il popolo poté vedere due raggi luminosi che gli partivano dalla fronte e si stagliavano verso il cielo, da quel momento e il suo viso era talmente luminoso che egli prese l’abitudine di portare un velo sul viso.(Es.34,33).
Quindi possiamo dire che chi ha acquisito una conoscenza superiore porta sulla fronte una V e un velo.
Tornando al Tempio possiamo vedere un’urna che contiene delle ceneri, perché il corpo del maestro ed il discepolo stesso che da ora lo rappresenterà è già passato attraverso il fuoco, e si trova già in una posizione ultraterrena.
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Quali sono allora i fondamentali insegnamenti di questo grado?
Il primo insegnamento è l’umiltà, cui segue l’obbedienza, a cui ci si deve sottoporre affinché i fratelli più esperti possano insegnarci quel linguaggio che permetterà di ri-forgiarci nuovamente, proprio come le spade degli eroi della mitologia, che devono essere fuse di nuovo per poter essere ritemprate.
Dobbiamo ora spaziare nella nostra ricerca, analizzando il grado appena acquisito, dobbiamo cioè spaziare entro quei nuovi limiti che ci sono stati imposti.
Dobbiamo imparare a lavorare con delle precise demarcazioni, per acquisire la sottile arte dell’autoperfezionamento.
Quale simbolismo affiora nel grado del maestro segreto? Quello della purezza spirituale. Il maestro segreto riceve degli insegnamenti “imperativi” in cui viene esortato ad essere migliore, ad eliminare i difetti umani. Questo perché quando si salgono gli scalini della conoscenza, via via che saliamo dobbiamo lasciar cadere qualcosa, quella parte delle limitazioni umane che è opportuno abbandonare. Più che mai in questo grado vale il concetto che la massoneria accetta al suo interno degli uomini buoni per renderli migliori.
La purezza delle origini restituite, l’eliminazione delle macchie provocate dagli errori e dai contatti terrestri è necessaria per entrare nei templi di ogni religione ci si deve purificare perché altrimenti sarebbe impossibile un contatto con il divino.
Il grande lavoro che faremo su noi stessi è necessario per acquisire consapevolmente ciò che troveremo più avanti.
In tutte le tradizioni spirituali la prima fase è sempre quella del perfezionamento.
Questa fase è simboleggiata dal passare dalla squadra, che rappresenta il mondo fisico e il compasso che rappresenta il cerchio, la sfera, il cielo, lo spirito.
Per questo il maestro segreto nel momento centrale della cerimonia si trova davanti il simbolo più importante, costituito da un triangolo, un cerchio ed una stella fiammeggiante.
Questa struttura concentrica è allegorica del nostro viaggio interiore, dove il triangolo equilatero rappresenta l’armonia, la proporzione e la divinità, ed è in Alchimia il simbolo del fuoco, oltre che del cuore inteso in senso spirituale.
Al suo interno troviamo il cerchio simbolo dell’anima, nella progressione successiva raggiungeremo la stella fiammeggiante, essa rappresenta il Fuoco centrale vivificante, il centro interiore dell’uomo da cui s’irradia la vera Luce, l’Illuminazione e la Scienza divina. È il Fuoco sacro dello Spirito divino incarnato, che vivifica l’uomo dal di dentro, dal suo centro appunto. La Stella fiammeggiante s’identifica con l’illuminazione interiore l’intuizione che guida l’iniziato che ha coscienza di essere portatore d’un principio di ordine, armonia, perfezione. La Stella fiammeggiante era considerata dagli alchimisti, simbolo della Quinta essenza celeste, del Fanciullo filosofico, immagine anche qui della divinità incarnata, il principio di coscienza.
In conclusione il nostro rapido excursus ci ha permesso di rendere evidente la percezione dell’elevatissimo livello iniziatico di questo Rito.
Ceneri
Ciò che distingue il terzo grado dal IV il maestro segreto è che nel terzo grado viene ritrovato il corpo di Hiram, un corpo fisico, mentre nel IV grado abbiamo solo un’urna che non contiene un corpo ma solo cenere. Il corpo di Hiram è passato attraverso la purificazione del fuoco. Abbiamo visto la sua urna.
La cenere deriva il suo simbolismo dal fatto di essere il residuo della combustione, ciò che resta dopo l’estinzione dei fuoco, e per questo significa morte e penitenza. La formula liturgica del mercoledì delle Ceneri è esplicita: «Pulvis es et in pulverem reverteris». Per estensione è dunque la coscienza dei nulla, della nullità della creatura rispetto al Creatore, secondo le parole di Abramo: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere» (Genesi, 18, 27).
Le ceneri come segno di rinuncia rivestono, in India, il corpo di Shiva asceta e, sul suo esempio, gli yogi e i sadhu dal corpo cosparso di cenere: queste ceneri possono essere quelle del fuoco rituale quanto quelle di un rogo funebre. Tuttavia la cenere indica anche il ritorno e la combustione interna dell’energia seminale, che sono uno degli elementi essenziali delle pratiche tantriche.
Nell’antica Cina, la vista di ceneri umide significava presagio di morte. Tuttavia la cenere di canne, utilizzata da Niii-kua per arrestare le acque del diluvio, sembra contrassegnare la congiunzione dei due elementi piuttosto che la distruzione dell’uno ad opera dell’altro, o il risultato della purificazione degli elementi ad opera del fuoco. La cenere spenta, a cui Chuangtzú paragona il cuore dei saggio, significa l’estinzione dell’attività mentale. La stessa espressione viene usata di nuovo nel commento del T’aiyi-chin-hua sung chih.
La cenere sacra va distinta dalla cenere che evoca la polvere della strada. La cenere sacra proviene dagli olocausti e viene detta grassa a causa dei grasso delle vittime. E il risultato di una purificazione a opera dei fuoco. La cenere della vacca fulva immolata, mescolata ad acqua, veniva usata nei riti di purificazione. La cenere, che evoca per la sua leggerezza la polvere, ricorda all’uomo la propria origine, e indica perciò penitenza, dolore e pentimento.
Nell’Antico Testamento, la cenere è simbolo di sofferenza, lutto e pentimento; in Giobbe (42, 6) è esplicitamente segno di dolore e di penitenza; i cristiani attribuiscono alla cenere un significato identico. Da questo deriva l’uso, che si è conservato a lungo nei monasteri, di stendere i moribondi per terra sopra una croce formata di polvere. La cenere a volte veniva mescolata agli alimenti consumati dagli asceti. Va ricordato anche che in alcuni riti viene usata la cenere benedetta: nella consacrazione di una chiesa, nell’imposizione delle ceneri ecc.
La sacralizzazione delle ceneri va tra parte collegata ai riti di passaggio e di purificazione attraverso il fuoco.
Il Segreto e il silenzio
grado. I concetti esposti vanno studiati e meditati a lungo perchè come diceva Confucio: leggere senza meditare è inutile e meditare senza leggere è folle[1]. Esporremo via via i trinomi che si presenteranno nei vari gradi.
Il Segreto
Il Segreto è il fratello gemello del silenzio, entrambi non possono esistere l’uno senza l’altro
Nei tempi antichi in Egitto all’ingresso di ogni tempio, veniva raffigurato un giovane nell’attitudine di portare il dito alle labbra, lo stesso gesto che facciamo noi nel quarto grado. Questo personaggio era Arpocrate il dio del segreto e del silenzio. Esso stava ad indicare come afferma Plutarco che gli uomini che conoscono gli Dei, non dovevano parlarne temerariamente. Per questo motivo era collocato all’ingresso dei templi. L’attitudine dello speciale suo gesto, lo fa distinguere da tutti gli altri dei dell’Egitto, con i quali aveva qualche similitudine nei segni che l’accompagnano. Per alcune comunanze di sintomi è stato spesso confuso con Horus. Gli Egizi dicevano che Arpocrate era l’altro figlio di Iside e Osiride ma forse la frase era da prendere in senso simbolico. Questo dio aveva degli attributi, dei simboli, e questi erano: il cane il gufo e il serpente. Il cane era simbolo di fedeltà, il gufo di saggezza e di sapienza perché vede nel buio, ed il serpente, oltre che di prudenza era anche simbolo della conoscenza segreta. Spesso Arpocrate era raffigurato con raggi intorno alla testa, simbolo di divinità e di conoscenza realizzata. Essendo il dio del segreto, era anche dio della saggezza e della conoscenza esoterica. Frequentemente era raffigurato sul fiore di loto e, con il corno dell’abbondanza come risultato della Grande Opera compiuta. Plutarco affermava che, benché fosse situato all’ingresso dei templi il suo messaggio era rivolto solo agli iniziati non al volgo, tanto che l’identità della stessa divinità era ignota. Il Maestro Segreto che si avvia a conoscere ed a custodire i segreti, viene virtualmente identificato con Arpocrate stesso.
Per tornare al segreto vogliamo citare il vangelo di Matteo (13,44) in cui è scritto che colui che trova il Tesoro, cioè il Regno dei cieli, dopo lo deve nascondere, esso “deve” essere nascosto, perché ha valore soltanto se viene serbato interiormente e non ne viene divulgata la presenza. Questo è il senso del segreto, serbare il tesoro interiore perchè la conoscenza segreta non è per tutti, e se viene divulgata fatalmente andrebbe stravolta e perduta.
Il Silenzio
secondo la tradizione vi fu silenzio prima della creazione e vi sarà silenzio alla fine dei tempi, il silenzio racchiude i grandi avvenimenti e da alle cose grandezza e maestà ed è preludio alla rivelazione. Bernardo di Chiaravalle nelle sue regole, chiamava il silenzio la più grande delle cerimonie perché Dio giunge solo nelle anime che fanno regnare il silenzio dentro di sé. Il silenzio serve a riportarci all’interno di noi a farci riflettere, a fare quella che veniva definita la meditazione silenziosa.
Il Silenzio, a cui per innumerevoli volte accennano i testi esoterici attraverso i secoli, costituisce pertanto uno stato mentale in cui l’Iniziato si immerge. Uno stato di pace che il clamore del Mondo non è in grado di distruggere. Ancora oggi se vogliamo accingerci a penetrare nella Conoscenza, se vogliamo varcare la soglia di un Mondo diverso dobbiamo prendere contatto con questa energia rigenerante, questa immemorabile corrente di pensiero, che conduce al “Sancta Sanctorum” del proprio Essere.
[1] Confucio i Dialoghi, Mondadori editore, 1994
L'Urna
Quando viene allestito il tempio del Maestro segreto viene abitualmente posta l’immagine di una urna chiusa con sopra una chiave spezzata. Quando parliamo di urna però siamo portati a immaginarla di forma rettangolare qualcuno la immagina a forma di casetta con sopra una specie di tetto a forma di diedro. Questa era la forma delle urne romane, i romani bruciavano sulle pire i corpi dei defunti, gli ebrei li seppellivano, la nostra urna ha però un’altra origine, ed in un grado che dovrebbe essere ebraico troviamo una componente egizia, perché la nostra urna in realtà è rotonda, era una componente dei misteri di Iside. Qui veniva descritto un particolare simbolo sacro: una piccola urna lucente e rotonda, tutta d’oro, ornata di geroglifici, con un beccuccio da un lato e una larga ansa dall’altro, attorno a cui si avviluppava un aspide. Come diceva Apuleio, è un “simbolo ineffabile di un culto sublime che deve essere avvolto da profondo silenzio”[1]. L’urna lucente inoltre come dicevamo ha un beccuccio da un lato ed una larga ansa dal lato opposto, a cui si avviluppa un aspide. Quindi beccuccio ansa e aspide, possono dare l’impressione che sull’urna vi sia impressa una “Z”. Inoltre in greco la parola “zeta” viene usata abitualmente ancora oggi per dire: “è vivo”. Quale migliore affermazione per sostenere che Osiride non è realmente morto, che l’urna non contengono solo ceneri, che il re sta per risvegliarsi.
Questa urna rotonda e dorata ci ricorda in primo luogo, il sacro vaso mistico dell’alchimia, simbolo della totalità cosmica. Anche Zosimo, ad esempio, dice il vaso alchemico è un calice rotondo che configura la totalità del cosmo e in cui ha luogo il sacro processo alchemico.[2] Rappresentava il principio onnicomprensivo, per così dire il concetto stesso del contenuto: ciò simboleggia un atteggiamento psichico di raccoglimento ovvero di introversione indispensabile per un retto approccio alla materia e al mistero del cosmo. Alcuni filosofi alchimisti affermano persino che il Lapis philosophorum, la pietra filosofale contenuta nel vaso, e il vaso stesso sono la stessa e unica cosa, aspetti diversi dello stesso mistero.
Il vaso contiene l’essenza psichica del re divino durante il suo passaggio dalla morte alla rinascita. Secondo la mitologia egizia il vaso raffigurerebbe Osiride durante il processo della sua trasformazione in Horus[3]. Dopo la morte di Osiride, Iside regge il vaso della sua sostanza psichica: è diventato Osiride hydrelos (acqueo). Dal vaso egli rinasce come Horus, il nuovo dio solare, il figlio del sole. Da un punto di vista psicologico si tratta del momento mistico della trasformazione, quando la rappresentazione cosciente di Dio è “morta” e di nuovo viene generata nell’anima umana. Il mistero del vaso risiede quindi in questo, che configura il segreto della morte e della rinascita di Horus bambino, del simbolo divino, secondo Jung un simbolo del Sé, che non rimane a lungo un principio parziale, ma che racchiude la totalità dell’esistenza. Horus è identico a Osiride rinato, quando questi lascia il vaso: è il sorgere del sole.
Al momento numinoso dell’aurora; appena il sole ha superato l’orizzonte non è più divino. Il sorgere del sole – l’aurora consurgens – è il momento in cui la realizzazione del Sé affiora fuori del vaso della psiche inconscia.[4]
La dottrina cristiana parla dell’immortalità dell’individuo e della trasformazione in un essere immortale dopo la morte e il Giudizio Universale. Ma nel Cristianesimo l’immortalità è una speranza o una promessa, perciò un contenuto di fede. Negli antichi culti misterici esisteva al contrario una sorta di rituale simbolico che doveva realizzare la trasformazione dei mortali in immortali già su questa terra. La stessa idea avevano gli alchimisti, i cui testi spesso assicurano che la creazione della pietra filosofale significava nel tempo stesso creare il proprio corpo incorruttibile. Secondo la teologia cristiana, nel momento del Giudizio Universale saremo plasmati in una nuova forma per ottenere la vita eterna; gli alchimisti invece ritenevano che si trattasse di un’esperienza interiore che era possibile ottenere in vita; la meditazione e il processo alchemico potevano produrre il nuovo corpo immortale e glorioso, così come nelle culture orientali il “corpo diamantino” poteva essere costruito già in questa vita. Dal corpo mortale viene estratto un nucleo immortale, dalle qualità semimateriali (dotato per esempio del respiro o del soffio). Questa idea si trova negli antichi culti misterici la personalità immortale viene formata già in questa vita e non viene proiettata in un post-mortem.
Le iniziazioni ai misteri di Iside e Osiride erano quindi in relazione con il mondo sotterraneo e l’aspetto ctonio[5]; perciò Lucio-Apuleio invoca il sole di mezzanotte. La sua iniziazione corrisponde a una discesa nell’inconscio e alla sua illuminazione per mezzo di un principio conscio, che viene dall’inconscio e che è in opposizione a tutte le dottrine della coscienza collettiva. Lucio fa questa esperienza in forma simbolica e adora da vicino gli Dei inferi e superi; intende probabilmente le ore del giorno e della notte, che raffigurano le diverse personificazioni del dio solare.
[1] Apuleio: l’Asino d’oro, cap. XI ,11
[2] Nei testi più antichi il recipiente per la trasformazione delle sostanze è già paragonato alla tomba di Osiride.
[3] Griffiths op. cit.pp. 228 e seg.
[4] Von Franz M.L. Alchimia ed. Boringhieri, cap. 14 e 19 traduzione e commento dell’Aurora consungens
Grembiule M. Segreto
Il grembiule del quarto grado è il più colorato di tutti i gradi del rito scozzese. Anche se grembiuli di scarsa fattura sono purtroppo molto semplificati. Mi è capitato infatti di vedere in giro persino delle specie di fazzoletti bordati di rosso con il quattro a numeri romani, ma cosi si perde buona parte del messaggio di questo grado.
I colori rispondono anche a un simbolismo di ordine biologico ed etico, Presso gli Egizi, per esempio, il valore simbolico dei colori interviene molto spesso nelle opere d’arte. Il nero segno di rinascita postuma e di sopravvivenza eterna; è il colore del bitume che impregna la mummia, il colore degli dei Anubis e Min, il primo che introduce i morti nell’altro mondo, il secondo che presiede alla generazione e alle messi. Il verde tinge talvolta il nero Osiride, perché è il colore della vita vegetale, della gioventù e della salute. La pelle di Amon, dio dell’aria, si tinge di azzurro puro. Il giallo era l’oro, la carne degli immortali. Il bianco era anch’esso fausto e gioioso… Il rosso è nella sua connotazione migliore, violenza temibile; nella peggiore, perversa malvagità. Il rosso è il colore maledetto, quello di Seth e di tutto ciò che è dannoso. Gli scribi immergevano la loro penna nell’inchiostro rosso per annotare le parole di cattivo augurio, come i nomi di Anopis, il demone-serpente delle sciagure, o di Seth, il dio dei male, o Tifone.
Esiste nel quarto grado una componente onirica e visionaria che non va assolutamente trascurata.
quarto-grado-grembiuleI colori nei sogni sono significative espressioni dell’inconscio, che rappresentano particolari stati d’animo del sognatore e tradiscono le diverse tendenze delle pulsioni psichiche. Nella concezione analitica, secondo C. G. Jung, i colori esprimono le principali funzioni psichiche dell’uomo: pensiero, sentimento, intuizione, sensazione.
L’azzurro è il colore del cielo, dello spirito: sul piano psichico, è il colore del pensiero.
Il rosso è il colore del sangue, della passione, del sentimento.
Il giallo è il colore della luce, dell’oro, dell’intuizione.
Il verde è il colore della natura e della crescita: dal punto di vista psicologico, indica la funzione percettiva (funzione del reale), la relazione esistente fra il sognatore e la realtà.
Un oggetto o una zona onirica attira l’attenzione per la vivacità dei suoi colori, come per sottolineare l’importanza del messaggio che l’inconscio rivolge alla sfera cosciente. Raramente, tutto il sogno risplende di colori vivaci e in questo caso, i contenuti dell’inconscio sono vissuti con una grande intensità d’emozione, ma queste emozioni possono essere estremamente diverse perché, come i colori nascono dalla varietà delle ondulazioni della luce, così l’emozione varia il tono del colore.
Secondo la simbologia massonica, il bianco corrisponde alla Saggezza, alla Grazia e alla Vittoria;
il rosso all’Intelligenza, al Rigore e alla Gloria; l’azzurro si accorda alla Corona, alla Bellezza, al Fondamento; Il nero, infine, corrisponde a Malkuth, il Regno. L’azzurro è anche il colore dei Cielo, del Tempio, della Volta stellata.
Secondo Jules Boucher nei tempi antichi gli operai portavano dei nastri fissati al cappello, al bastone e all’occhiello; i Tagliatori di pietra portavano nastri verdi e azzurri all’occhiello destro; i Falegnami dello stesso Dovere infilavano nastri verdi, azzurri e bianchi all’occhiello sinistro.
La sciarpa dei maestri, secondo il Rito Francese, è blu; nel Rito Scozzese è, invece, azzurra bordata di rosso: la dualità dei colori del cordone può essere considerata come la traduzione di due forme, positiva e negativa, dell’energia tellurica e dei magnetismo universale …
Il rosso e l’azzurro raffigurano l’identificazione dell’amore e della saggezza. Il rosso rende sensibile un’irradiazione, un’estensione dei senso spirituale.
Anche l’alchimia possiede una sua scala di colori: secondo un ordine ascendente, essa attribuisce il nero alla materia, all’occulto, al peccato, alla penitenza; il grigio alla terra, il bianco al mercurio, all’innocenza, all’illuminazione, alla felicità; il rosso allo zolfo, al sangue, alla passione, alla sublimazione; l’azzurro al cielo; l’oro alla Grande Opera.
Squadra e compasso
La Massoneria, limitando l’apertura dei compasso a 90 gradi al massimo, indica con questo i limiti che l’uomo non dovrebbe superare. L’angolo di 90° riproduce la squadra, ma noi sappiamo che la squadra è il simbolo della materia, mentre il compasso è il simbolo dello spirito e del suo potere sulla materia. il compasso aperto a 45° indica che la materia non è completamente dominata, mentre l’apertura a 90° realizza integralmente l’equilibrio fra le due forze, il compasso diventa squadra giusta».
Le posizioni relative del compasso e della squadra manifestano così i diversi stati nei quali si trova l’Operaio in rapporto alle forze materiali e spirituali: se la squadra è posta sul compasso, la materia domina lo spirito; se i due strumenti si intersecano, le due forze si equilibrano; se il compasso è posto sulla squadra, questo è segno di un dominio spirituale; se infine l’apertura del compasso coincide con quella della squadra, si è realizzata l’armonizzazione suprema dei due piani, materiale e spirituale.
Il compasso è stato interpretato come l’immagine del pensiero che disegna o percorre i cerchi del mondo; tracciando le immagini del movimento ed essendo mobile esso stesso, il compasso è diventato il simbolo del dinamismo costruttore, l’attributo delle attività creatrici.
Il compasso e la squadra evocano rispettivamente il Cielo e la Terra. Il Maestro massone, posto «fra la squadra e il compasso», svolge un ruolo di mediatore. In Occidente, il compasso e la squadra sono attribuiti rispettivamente alle due metà – maschile e femminile – dell’Androgino ermetico (Rebis), corrispondenti al Sole e alla Luna.
Più prosaicamente, l’espressione squadra e compasso indica i buoni costumi e il giusto ordine, ne fa il simbolo dell’armonia complementare, delle influenze celesti e terrene.
Notiamo anche che, conformemente al simbolismo dei cerchio e del quadrato, il compasso è più specificamente in rapporto con la determinazione del tempo, la squadra con quella dello spazio.
L’ingresso nel tempio del quarto grado è l’ottava superiore dei gradi simbolici, in qualche modo ripetiamo la stessa dinamica, non più su di un piano materiale ma su di un piano spirituale. Hiram è già morto e simbolicamente è già morto il fratello di terzo grado. Siamo adesso oltre la regione della morte, come gli iniziati degli antichi misteri abbiamo conquistato la vita eterna.
Nella tradizione indiana si racconta che il primo uomo che ottenne la realizzazione divenne il dio dei morti, colui che libera l’uomo dalla schiavitù della materia.
La tradizione del grado ci dice che con la morte di Hiram, Salomone si vide costretto a sospendere i lavori, a trovare un sostituto nella persona di Adonhiram ed a costruire un collegio di sette membri comprensivo dello stesso Salomone. I membri di questo collegio vengono elevati al rango di leviti. Ora Salomone era un re ed era della tribù di Beniamino, non di Levi. Tribù di coloro che erano incaricati delle funzioni sacerdotali. Il consiglio dei sette passa quindi di grado ed acquisisce il rango sacerdotale, per occuparsi della costruzione, non già del semplice Tempio Materiale ma di quello dello “Spirito”. Anche il re deve crescere di livello. Questo concetto è importante perchè afferma: lo scopo della nostra ricerca, è più importante del potere materiale.
Siamo dunque passati dalla squadra che rappresenta il mondo fisico quindi il quadrato geometrico, il cubo che da esso deriva, ed andiamo verso il compasso che rappresenta il cerchio, la sfera, il cielo, lo spirito.
Superstizione e ...
Prometto di distruggere in me ogni pregiudizio
e superstizione e di migliorare la mia cultura iniziatica e profana
Così inizia il giuramento del Maestro Segreto dopo che il Potentissimo gli ha comunicato che la “Suprema e perpetua preoccupazione della Libera Muratorìa” è l’abbattimento degli idoli e dei pregiudizi. In questo la Massoneria è figlia dell’illuminismo, è evidente la contrapposizione tra pregiudizio e superstizione da una parte, e cultura iniziatica e profana dall’altra.
Il pregiudizio rende l’uomo schiavo, col pregiudizio non siamo in grado di esercitare la nostra capacità critica perché abbiamo acquisito o ci sono state inculcate altre idee che non ci appartengono, la nostra mente è ottenebrata e crepuscolare.
La superstizione invece ci incatena con la paura, con essa siamo in balia di timori irrazionali e immaginiamo forze che ci fanno del male e gestiscono il nostro destino. Per superstizione non intendo solo il timore di influenze magiche, ma anche una religione distorta in cui un dio vendicativo e malvagio, avido di lodi, ci guarda da sopra le nuvole. Lo studio e la cultura sono fondamentali, sia iniziatici che profani.
Nella massoneria azzurra abbiamo studiato le arti liberali, ma a molti sarà sfuggito che sono state chiamate liberali perché rendono l’uomo libero. Perché già dall’antica Grecia si era capito quanto fosse emancipante la conoscenza.
L’unione tra pregiudizio e superstizione producono il fatalismo, la convinzione errata che ciò che ci accade non è modificabile, che dobbiamo subire il destino in maniera prona, che la nostra riuscita nella vita dipende da eventi fortuiti su cui non possiamo intervenire.
Il successo nella vita non dipende solo dall’abilità e dalla preparazione, ma anche dalla determinazione che dimostriamo nel cogliere le opportunità che ci si offrono. Nella vita le occasioni si creano, non arrivano per caso. Se noi utilizzeremo tutti i mezzi disponibili e tutte le nostre capacità naturali per superare gli ostacoli che incontreremo, potremo sviluppare i poteri che l’Altissimo ci ha dato, i poteri illimitati che scaturiscono dalle nostre forze interiori dal vostro essere. Noi abbiamo il potere del pensiero e il potere della volontà, “Utilizziamo al massimo questi doni divini!”
Il successo e l’insuccesso sono la diretta conseguenza del nostro abituale modo di pensare, Se il nostro atteggiamento è costruttivo raggiungeremo la meta anche se ci sembra di essere avvolti nelle tenebre. Soltanto noi siamo responsabile di noi stessi. Nessun altro potrà rispondere del nostro operato quando giungerà il giorno del giudizio finale.
Obbedienza
Cosa significa obbedire?
La risposta è ovvia: adeguare il proprio comportamento ad un volere altrui, diverso dal volere proprio autonomamente determinato.
Facciamo però i debiti distinguo, ci si può adeguare ad un volere altrui semplicemente perché vi si è costretti, perché esiste una sproporzione nei rapporti di forza tra chi detta l’ordine e chi (impropriamente) obbedisce. E’ il caso del soldato nei confronti del superiore, della vittima nei confronti del carnefice. Ma qui non c’è obbedienza, c’è solo sottomissione ad un potere più forte. L’obbedienza autentica è un atto di libertà. E’ sospendere l’esercizio del proprio libero arbitrio e di affidarsi consapevolmente ad un altro. L’obbedienza è sempre un vero e proprio atto di fede nei confronti dell’altro, che nel nostro caso è il vertice della piramide scozzese.
L’obbedienza autentica non è nè una pretesa, nè una imposizione, da parte di chi impartisce un ordine: è piuttosto una concessione da parte di chi liberamente si determina per essa. Non è quella che concediamo a causa della autorità dell’altro perché in tal caso ricadremmo nella sottomissione, ma in ragione della sua autorevolezza.
Decidendo di obbedire, sospendiamo il nostro giudizio per il tempo necessario, perché riconosciamo nell’altro la capacità di comprendere di più e meglio di quanto sappiamo fare noi, ritenendo che tale obbedienza ci farà crescere, e condurrà anche noi ad un più elevato grado di comprensione e di consapevolezza.
In questa autenticità di rapporto, colui che ordina, e non impone, giacché sarebbe puro esercizio di potere, è proprio quello che si mette maggiormente in gioco, è quello che rischia di più, poiché sa che all’atto di obbedienza dovrà seguire l’effettiva dimostrazione di quel superiore livello di comprensione, a cui chi esegue, prima di obbedire, non poteva attingere.
Se fallirà in questo, ci saranno delle conseguenze, non avrà più obbedienza, poiché egli avrà perso la sua credibilità, la sua autorevolezza (e dovrà ricorrere semmai alla sua autorità e al suo potere).
Non dobbiamo dimenticare che l’istituzione scozzese è una istituzione iniziatica ed ogni fratello di grado elevato ha l’obbligo di istruire ed elevare i fratelli di grado inferiore. E’ quindi una grande responsabilità per i fratelli che sono al vertice, cioè quello di essere delle autentiche guide spirituali, dando il meglio di sé, se possibile oltre le proprie possibilità.
Tornando quindi al Trinomio dell’Ordine, nel quarto grado del rito scozzese, la libertà non è venuta meno, perché il fratello scozzese è si sottoposto ad un giuramento di obbedienza, ma non deve retrocedere dalla libertà individuale, giacchè l’impegno preso, gli viene ricordato, è solo con la sua coscienza.
Obbedienza 01 In questo grado verosimilmente, in qualche modo si ripercorrono i passi dell’apprendista, chi entra nel quarto grado è un maestro massone quindi con una esperienza già consolidata, partiamo dal presupposto che sia già abbastanza preparato che conosca la cabala l’alchimia e l’esoterismo massonico in senso stretto. Bene a questo fratello esperto gli viene presentata una situazione completamente diversa rivoltando completamente le cose consuete, gli viene detto che il grado di maestro segreto è un “Grado Ebraico” e basta. Non si parla più di alchimia di cabala del pavimento a scacchi etc. osserviamo la simbologia ma questa ha un’altra chiave di lettura, le gocce argentate sui teli esposti a lutto non sono più gocce di mercurio alchemico, l’urna contiene ceneri non più una salma, ed il neo maestro segreto sperimenta la perdita dei punti di riferimento esortato a ricollocarsi sotto un’altra angolatura. Il primo fondamentale insegnamento del grado è questo: l’umiltà, poi l’obbedienza a cui ci si deve sottoporre perché i fratelli più esperti dovranno insegnarci il linguaggio nuovo che permetterà di riforgiarci nuovamente come le spade degli eroi della mitologia nordica, che devono essere di nuovo fuse per poter essere ritemprate. Via via ripercorreremo le strade dell’Arte Regia, ma successivamente nei gradi successivi. Ora dobbiamo spaziare nel grado appena acquisito limitati nella nostra ricerca dai nuovi limiti che ci sono stati imposti.
M. Segreto Custode
Un concetto che è fondamentale nel Rito Scozzese è l’identificazione tra il 4° grado e il Custode del Tempio, abbiamo già detto che i fratelli di questo grado sono simbolicamente elevati al rango di leviti, questi ultimi erano effettivamente incaricati della custodia del Tempio oltre che del trasporto dell’Arca e di tutti gli addobbi del tabernacolo e del tabernacolo stesso. Ma per comprendere appieno che c’è di più, dobbiamo rivolgerci alla tradizione rosacruciana e in particolare al libro: “Le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreuz” il protagonista viene convocato in un castello dove avverranno le nozze del re e della regina. Riceve tutta una serie di iniziazioni, percorre tutto il percorso spirituale e viene iniziato ai vari livelli di conoscenza, acquisisce la sapienza e alla fine prende il posto del custode del castello alchemico, finche non arriverà qualcuno di nuovo iniziato che prenderà il suo posto. La stessa cosa succede in Loggia il fratello diventato maestro e raggiunto un livello iniziatico sufficiente va a prendere il posto del copritore interno che è il primo grado delle dignità cosa che lo porterà per gradi a diventare Venerabile. Altrettanto succede nella Camera Capitolare del Rito Scozzese, il primo grado e per certi versi il più importante è il maestro segreto esso è il custode della tradizione colui che fa passare solo i candidati adatti, colui che protegge il Rito dall’ingresso di elementi potenzialmente dannosi che potrebbero minare la stessa struttura della piramide massonica. Chi si trova all’inizio del percorso non è uno sprovveduto ma è già una persona eccellente che ha già eccelso e superato il percorso iniziatico precedente
Appunti sulla testa....
Inoltriamoci ora nel simbolismo più profondo, la Testa mozzata che campeggia sul grembiule del nono grado, più che suscitare raccapriccio deve collegarci ad un simbolismo arcaico. Simbolismo collegato all’anello e all’uroboros entrambi i simboli sono un riferimento all’avvolgimento della vita su se stessa, il serpente senza fine che si morde la coda simbolo della manifestazione ciclica e guardiano della potenzialità dell’essere.
Se torniamo per un attimo al simbolismo dello stare all’ordine in un grado dell’azzurra, noi teniamo la mano aperta in una posizione che simboleggia la separazione della testa dalla parte inferiore del corpo. Noi in questo affermiamo la volontà di dominare le passioni e gli istinti, creiamo una separazione tra l’uomo superiore e l’uomo inferiore.
La separazione dell’uomo superiore da quello inferiore non è un processo senza traumi è un percorso lungo e tormentato.
Come nelle procedure metallurgiche la spada per poter essere riaffilata deve esse di nuovo triturata, poi fusa e poi riforgiata col fuoco e col martello sull’incudine.
nono-grado-grembiuleEsiste una sorta di ambivalenza connessa con la acquisizione di una forma indifferenziata. Da premettere che se osserviamo la carta dei tarocchi n° XIII quella della morte noi vediamo uno scheletro che falcia un campo di teste, dal taglio ricrescono mani e piedi. C’è una sorta di similitudine tra testa con mani e piedi. Connessa con la posizione eretta, Il fatto di perdere la posizione eretta si collega al ritmo del sonno e della veglia essendo una quantità angelica e una qualità titanica ed il recupero della posizione eretta evoca la mutazione divina dell’essere, il mito delle sirene donne con la coda di pesce e liberate dall’incantesimo da un eroe e muniti di piedi umani. Il simbolismo della coscia ferita come quello dell’assenza dei piedi è perfettamente assimilabile a quello della forma ofidica che è la caratteristica più evidente dello stadio titanico dell’essere. La coscia ferita e la forma di rettile sono simboli di decadenza dell’essere?
Nei racconti medievali che trattano della cerca del Graal è presente la figura del re pescatore che è il custode del Graal ed è ridotto in quello stato per aver cercato di vedere il Graal senza avere i requisiti, l’eroe conquistando i premio causerà la guarigione del re.
In Alchimia altro campo simbolico, il destino del re mostra che la decadenza, se si manifesta nel fatto di essere zoppo o senza piedi, trova il suo rimedio nella decapitazione, in quanto la testa simboleggia il principio dell'”Io” che mantiene l’Essere nella limitazione dell’individualità. D’altra parte, se si paragona il Titano primordiale al drago che si morde la coda, simbolo circolare dell’infinito originario, «senza piedi né testa, che nasconde le sue due estremità», come è descritto Agni il dio del sole nel Rig-Veda, va inteso in questo caso che, per riuscire ad uccidere il Titano, l’essere deve acquisire dei piedi ed una testa, rompere cioè il cerchio chiuso all’origine, ma che, alla fine dei tempi, esso deve restituire all’unità quegli elementi che hanno fatto di lui un essere multiplo, ridiventare cioè come all’origine « senza piedi né testa » .
Se ci spostiamo nella simbologia della grafica dei simboli numerici potremmo riassumere la metafisica dei numeri dicendo che lo Zero esprime il Non-Essere o la Suprema Origine; l’uno, l’Essere e l’Unità primordiale; il due, la Dualità cosmica, i due poli della manifestazione; il tre, i principi della manifestazione stessa in quanto soggetto, oggetto ed il rapporto che li unisce (quali il Conoscente, il Conosciuto e la Conoscenza); il quattro, l’espansione stessa della manifestazione delle sue modalità formali ed informali.